Potrei sbagliarmi se dico che gli zombies iniziano a saturare in maniera abbastanza pesante la scena dell'intrattenimento da quando un certo tizio ha pensato di cedere alla AMC i diritti per la realizzazione di una serie tv su un fumettino semi-sconosciuto da lui realizzato. No, in realtà non mi sbaglio; da quando esiste la versione televisiva di The Walking Dead il fenomeno de "i morti rimorti" ha preso più piede della crescita di finti fan di Charlie Hebdo post-attentato. Insomma l'ossessione per la dieta a base di cervelli e la camminata carica di nonchalance dei ritornati alla vita è parecchio di moda, è un dato di fatto. E chi sono i mangialumache, i nostri cugini d'oltralpe, per esimersi dal cogliere la palla al balzo e saltare sul carro dei vincitori così carichi di verve e dalla parlantina sempre piena di ricche sfumature linguistiche? Ovviamente nessuno, ma cosa succederebbe se quegli stessi francesi prendessero il tema e lo rivoltassero in maniera tale da tirar fuori la cosa più incredibilmente umana su di esso? Beh caccerebbero fuori dal loro cilindro tutto formaggi puzzolenti e vini costosi "Les Revenants", mandando a stendere allegramente gli americani in soli otto episodi.
Come fare, si saranno chiesti gli sceneggiatori della serie (che è tratta da un film precedente di cui, purtroppo, chi vi scrive non sa molto), a rendere fresco il soggetto così tanto abusato e trito?Semplice, rendendo i morti "vivi" per davvero. Infatti definire "zombie" le persone che tornano alla vita in questa serie compiono più una resurrezione in senso letterale del termine, tornando esattamente nelle stesse condizioni fisiche e mentali in cui erano un secondo prima di morire, che il classico ritorno dell'immaginario horrorifico contemporaneo. E sta tutta qui la chiave del successo nel raggiungimento dell'obiettivo di questo show televisivo francese: proporre un concetto che lo spettatore ha interiorizzato molto bene in maniera completamente differente, ponendolo sotto una luce più intimista e drammatica che non spaventosa e pericolosa. I morti sono spaventati della loro situazione esattamente come lo sono i vivi, lo spiazzamento della situazione destabilizza tutti quanti allo stesso modo senza fare eccezioni. L'approfondimento delle emozioni è sorretto da una scrittura di fattura decisamente all'altezza del tipo di atmosfera che si vuole ricreare, che forse lo avvicina più a Twin Peaks che non a The Walking Dead. Ne sono d'esempio sia l'ambientazione, un minuscolo paesino di pochissime anime situato in riva a un lago dove tutti conoscono tutti e ognuno nasconde diverse ombre anche a sé stesso, che le situazioni che si creano tra i personaggi (come il bellissimo rapporto tra le due gemelle Camille e Lenà, la prima morta da quindicenne quattro anni prima degli eventi narrati nella serie e la seconda che ormai ha quasi superato l'adolescenza). Come ho già detto è l'introspezione a farla da padrone qui:piuttosto che puntare sulla caccia ai morti che minacciano la sopravvivenza dei vivi (mangiando e trasformando in zombie, come la prassi suggerisce) ci si interroga sul vuoto lasciato dal decesso di essi e su cosa significhi riaverli tra di noi.
Simbolismo, regia di primissimo ordine, cast all'altezza (anche se, se vi venisse il pensiero di vederlo in lingua incappereste con una delle lingue più fastidiose del creato secondo il mio modestissimo parere) e una colonna sonora curata da niente popò di meno che il signor Mogwai e i suoi compagni di ventura sono le cifre stilistiche che Canal+ e la produzione di questa serie ha scelto per raccontare quello che, finora, è il miglior prodotto (televisivo) sul tema. Chapeau, io nel mentre attendo la seconda stagione che sta ritardando da più di un anno ad arrivare sugli schermi degli affezionati a questo prodotto.
-Luca
-Luca
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